Le condizioni di vita nella prima metà del secolo scorso erano durissime ed il Salento non faceva eccezione.
Alle donne, come sempre, spettava il compito più difficile: oltre a mettere al mondo numerosi figli, fondamentali per una società agricola che aveva bisogno di braccia da impiegare nei campi, dovevano trovare il tempo di lavorare.
Quasi ogni famiglia disponeva di un telaio in legno di ulivo con il quale le donne salentine creavano capi di abbigliamento, spesso impreziositi da ricami, per lo più destinati all'utilizzo familiare. La commercializzazione delle merci era solo agli albori.
Le fibre dei vegetali coltivati nelle campagne - canapa, cotone e lino - venivano filate a mano per poi finire sui telai.
Le donne avevano il compito di realizzare i tessuti necessari per la casa: asciugamani, coperte, tovaglie, scialli, lenzuola e bisacce. L'utilizzo della lana di pecora, che qui prendeva il nome di "moscia leccese", era imprescindibile nella realizzazione di coperte e capi invernali.
Per le giovani donne salentine, generalmente vestite in modo molto umile e adatto al lavoro (una gonna, una blusa ed un fazzoletto a contenere i capelli), il capo di abbigliamento più importante era l'abito da sposa ed il relativo corredo nuziale. Si era soliti mostrarlo prima del matrimonio, a testimonianza della dote che si portava con se.
La moda aveva qualcosa di pionieristico, ed in una società dominata dagli uomini, Donna Carolina De Viti De Marco, esponente della nobiltà, creò, nella zona di Maglie, una scuola di ricamo che raggiunse livelli straordinari. Le giovani salentine che apprendevano presso di lei l'arte del ricamo iniziarono a produrre manufatti che si rifacevano ai fasti dei tessuti rinascimentali e barocchi. Nella realizzazione dei pizzi, le ragazze utilizzavano tecniche destinate a diventare famose a livello mondiale: il punto in aria, il reticello, la lavorazione a tombolo ed il punto ad ago, erano solo alcune delle varianti utilizzate. Le nonne del Salento dunque, più che indossare, erano maestre nel confezionare abiti.
La riscoperta della pizzica era ancora lontana, e gli indumenti tipici di questa danza, una ampia gonna, una camicia, l'immancabile scialle ed il fazzoletto tenuto saldo in mano, erano derisi dai nobili del tempo in quanto abbigliamento domenicale dei contadini. Non avrebbero potuto immaginare che in pochi decenni questo modo di vestire sarebbe divenuto uno dei simboli mondiali della seduzione e dell'eleganza, declinata a suon di musica e di passione popolare.